CHIARAVALLE TRA LE CAPANNE E IL "PRADO"

Fu dalla metà del Trecento che la zona, fiaccata da guerre, devastazioni, epidemie e carestie, conobbe una grande crisi, superata anche grazie al flusso migratorio di Schiavoni e Albanesi che fino a tutto il 400 giunsero in gran numero nella nostra zona e lavorarono al disboscamento e alla bonifica di terre che nel frattempo erano divenute incolte e paludose. Si può ipotizzare che essi furono i primi abitanti laici della zona di Chiaravalle e la loro presenza è testimoniata da tanti cognomi che ancora oggi sono molto diffusi dalle nostre parti (Albanesi, Schiavoni, Bianchi, Duca, Amici, Turchi, etc.).
La decadenza degli ordini monastici, compreso quello Cistercense, portò alla graduale sostituzione della gestione diretta dei campi con la pratica dell'enfiteusi. I Conversi lasciarono spazio ai braccianti che vivevano in dimore di paglia e fango costruite fuori dalle mura dell'abbazia: il primo quartiere laico di Chiaravalle che conosciamo con il nome di Capanne.
La questione del libero passaggio al mare che gli jesini volevano fortemente e che gli anconetani osteggiavano, oltre alle rivendicazioni di entrambe le città sui territori dell'abbazia, su Monte San Vito Monsano e Fiumesino, tennero vivo uno scontro fatto di diplomazia e di duri scontri fino a tutto il XV secolo.

Nel 1486 l'abbazia di Chiaravalle fu sottratta dalla giurisdizione del vescovo per passare direttamente sotto l'autorità del Papa, che la esercitava attraverso un commendatario. Ottenne così lo stato di “Abbazia Nullius”.
Nel 1499 i monaci Cistercensi abbandonarono Chiaravalle per ritirarsi in Francia presso l'abbazia madre: a sostituirli arrivarono i Francescani. Questo fatto, insieme alle pestilenze, le carestie, l'enorme oppressione fiscale dello Stato Pontificio e la mai interrotta disputa tra Ancona e Jesi, portarono allo spopolamento del Borgo dell'Abbazia.
Nel 1561 gli jesini ottennero da Papa Pio Iv il permesso di abbattere gli alberi sulla sponda destra del Triponzio, che era definitivamente passata sotto la loro amministrazione: da allora la zona fu detta “Prado”.
Lo stesso Pio IV tre anni dopo richiamò a Chiaravalle i Cistercensi facendo assegnare loro una pensione adeguata al sostentamento.
Papa Gregorio XIII (1572-1585) nel tentativo di contrastare il brigantaggio che sempre più prendeva piede nella nostra zona, ordinò di abbattere i boschi di Monte San Vito e Chiaravalle, ideale rifugio di banditi e fuggiaschi. Fu così che scomparve per sempre la vasta selva che ricopriva gran parte del territorio di Chiaravalle e che era all'origine del nome dell'abbazia.
Il '600 fu un secolo di grande crisi e decadimento per l'abbazia e di conseguenza per il borgo circostante.

Fonti:
Sandra Cappelletti "Dalla abbazia alla manifattura. Le origini di Chiaravalle"
Cristiana Cirilli "Chiaravalle tra cultura e natura"
Carlo Vernelli "1808 Nascita di un Comune"
Massimo Papini "Il CLN a Chiaravalle. Dalla lotta di liberazione alla ricostruzione"